1913-1914
Scheda a cura di FRANCESCA ROCCHETTI
Il primo numero del quindicinale "La Torre" vide la luce a Siena
il 6 novembre 1913, con il sottotitolo "Organo della reazione spirituale
italiana". Era diretto da Federigo Tozzi e Domenico Giuliotti. La
redazione si trovava a Siena presso la casa di Tozzi. Il giornale venne
stampato dalla Premiata Tipografia Cooperativa di Siena. Il gerente responsabile
era Giuseppe Pinzi, a cui successe in seguito Antonio Bianciardi. Nel
periodo compreso tra il 6 novembre 1913 e il 6 febbraio 1914 uscirono
complessivamente 7 numeri. Dopo un'interruzione di tre mesi le pubblicazioni
ripresero a Firenze per soli due numeri, quelli del 6 e del 21 maggio
1914; la redazione era in via Giraldi 7 e Giustino Salati era il gerente
responsabile.
I collaboratori più assidui della rivista furono lo scrittore di
novelle, teatro e romanzi Ferdinando Paolieri, il poeta sacerdote francese
Louis Le Cardonnel, Johannes Joergensen, uno degli esponenti più
significativi del simbolismo danese, Guido Battelli, scrittore assai fecondo
e versatile i cui interessi si concentrarono principalmente sulla letteratura
mistica e sull'arte medievale.
I tre animatori principali della "Torre" svolgevano ruoli diversi
all'interno della rivista: Giuliotti mise nell'impresa il capitale e fissò
il programma di massima; la realizzazione concreta del giornale, i rapporti
con la tipografia, l'impaginazione, la corrispondenza, la consegna delle
copie ai rivenditori furono invece affidati a Tozzi; mentre Paolieri si
impegnò a sostenere il giornale ne "La Nazione" della
quale era già da tempo apprezzato collaboratore.
"La Torre" faceva propria quell'ansia di rinnovamento, quella
volontà di resurrezione intellettuale dell'Italia che, agli inizi
del secolo, aveva animato Papini e Prezzolini.
Nell'editoriale del primo numero Giuliotti sintetizzava in modo provocatorio
i caratteri di queste "reazione spirituale italiana" che avrebbe
dovuto fondarsi unicamente sulla fede e sulla tradizione cattolica e,
attraverso il recupero e la valorizzazione dell'arte dantesca e degli
scrittori medievali, avrebbe dovuto dar vita ad una nuova letteratura
nazionale. Giuliotti confermava il suo deciso rifiuto del razionalismo
e del modernismo, la sua opposizione nei confronti del movimento futurista
e di ogni manifestazione del pensiero contemporaneo che aveva portato
al rinnegamento di Dio, della legge e dell'autorità. Pur condividendo
il programma giuliottiano, Tozzi si differenziò subito dall'amico,
soprattutto per il suo modo diverso di intendere la fede: per lui, essa
doveva essere qualcosa di istintivo, che scaturiva dall'anima. Contrariamente
a quanto affermava Giuliotti, secondo Tozzi le scoperte scientifiche,
le nuove conoscenze, tutte le innovazioni prodotte nel mondo moderno non
infrangono la religiosità, non conducono all'ateismo, ma piuttosto
rendono più complessa la fede.
Argomenti costanti della rivista furono la lotta contro l'Italia giolittiana,
democratica e massonica. Secondo Paolieri e Giuliotti il sistema democratico
e il dilagare della massoneria provocavano la decadenza dei sani e antichi
costumi italiani, con la conseguente perdita dell'attaccamento alla Patria
e del senso della famiglia.
L'uscita della rivista suscitò immediata risonanza nell'ambiente
delle riviste fiorentine: Papini su "Lacerba" definiva il gruppo
della "Torre" "cattolici belve", mentre una gran quantità
di lettere arrivavano alla "Nazione" per esprimere il timore
di una rinascita del più nero clericalismo.
Intanto il giornale si stava diffondendo e Tozzi diceva che si poteva
intravedere intorno ai torriani la formazione di un nuovo partito.
Cominciavano però a farsi sentire anche le prime difficoltà
finanziarie. Il capitale iniziale si era rapidamente esaurito e Tozzi
lanciava un appello Agli amici della Torre per abbonamenti e sottoscrizioni.
Nonostante l'energia dimostrata nel respingere le accuse e le ripetute
affermazioni di fede e di ortodossia, "La Torre" non aveva più
un adeguato sostegno finanziario. E il periodico non riuscì a superare,
a Siena, il settimo numero. Mentre Tozzi stava allestendo il secondo numero
di febbraio e si profilava l'eventualità di un trasferimento a
Firenze, invece degli aiuti sperati arrivò l'inchiesta del Santo
Uffizio.
La sospensione delle pubblicazioni a Siena e l'improvvisa partenza di
Tozzi per Roma, sottrassero "La Torre" alle attente indagini
dell'Arcivescovo.
Dopo un periodo di silenzio di circa due mesi "La Torre" riprese
le pubblicazioni a Firenze, con la redazione ridotta a Giuliotti, Battelli,
Monti e pochi altri, mentre Tozzi da Roma faceva sapere che non voleva
avere più a che fare con il giornale.
La rivista si chiuse con il numero 2 del 21 maggio 1914: sorta come tentativo
di contrapporsi alle esperienze culturali avanguardiste, fu una testimonianza
preziosa di una particolare mentalità diffusa in ambienti cattolici
alla vigilia della prima guerra mondiale.
Scheda
catalografica in ACNP
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