1907-1909
Scheda a cura di ELIO VIRDIA
Il primo fascicolo de «Il Rinnovamento» - con il sottotitolo
Rivista critica di idee e di fatti - esce a Milano nel gennaio
1907, formato in 8° grande e con 128 pagine.
Dal numero di luglio-agosto 1907 il periodico aumenterà il numero
delle pagine (solitamente sempre più di quelle promesse, da 160
a 240 circa), ma i fascicoli usciranno ogni due mesi.
Nelle Parole di introduzione con le quali veniva presentata la
rivista, si legge: «Noi desideriamo che si sappia anzitutto che
questa non è una rivista scritta per il gran pubblico. Deliberatamente
rifuggiamo dalla folla che ama le divulgazioni enciclopediche».
Questo orientamento dichiaratamente elitario trova la sua giustificazione
nel significato stesso attribuito dai fautori al titolo e al sottotitolo
della rivista: «[
] noi diamo alla parola «rinnovamento»
un significato più umile, più intimo, più profondamente
spirituale che non suoni per echi di vecchie e nuove retoriche [
]
Noi non siamo dei predicatori di palingenesi sociale [
] sappiamo
parlare solo un duro linguaggio di fatti e di idee. Ma siamo interrogatori
di anime [
] il miglior modo per giovare agli uomini è di
far del bene profondo ai singoli [
] Per riformare la coscienza di
un paese bisogna cominciare a riformare delle coscienze»; ma, nello
stesso tempo, sebbene fermamente convinti del primato della coscienza,
essi rifuggivano qualsiasi forma di soggettivismo solipsistico, in quanto
ritenevano che un rinnovamento interiore non fosse separabile
da nuove forme di socialità e di solidarietà tra il singolo
e la comunità, nellincessante cammino verso la verità
e la liberazione: «[il singolo] sente che il suo lavoro deve essere
di liberazione, e della sua esperienza soggettiva non fa la verità,
ma vi attinge il desiderio delle esperienze altrui; e ha sete della verità
che egli non possiede [
] esaltandosi nella coscienza che egli può
essere partecipe di una ricerca e di una esperienza collettiva del Vero».
Nellintenzione dei promotori «Il Rinnovamento» doveva
essere qualcosa di più di una semplice rivista tra le altre: doveva
costituire il punto dincontro di tutti coloro che, in Italia, sentivano
il bisogno di reagire al «generale conformismo», per ridare
vigore alla coscienza nazionale, «rialzare tutti i valori»,
e lavorare a una «generale elevazione della vita nello spirito del
cristianesimo».
Essa non nasceva soltanto in reazione al tradizionalismo ecclesiastico,
dunque, ma «era anche e più una reazione contro il neopaganesimo,
il neoestetismo, il positivismo e lo scetticismo che corrompevano lo spirito
italiano. Chi si accingeva a scrivere "Il Rinnovamento" pensava
non solo di servire la Chiesa, ma di servire anche la cultura italiana.
È certo che ciò che fu fatto con queste intenzioni non è
andato perduto.» (T. Gallarati Scotti, La Vita di Antonio Fogazzaro).
È da tener presente, comunque, che il numero complessivo degli
abbonati nei tre anni, tenuto conto della loro saltuarietà, dovrebbe
essere stato di circa 1500; sicuramente di 800 nel luglio 1908, e di circa
600 al momento della cessazione nel 1909 (fonte: L. Bedeschi, Modernismo
a Milano): unemorragia di abbonati, soprattutto italiani, provocata
dalla pesante campagna antimodernista (messa in atto dalla curia romana
già da qualche anno ma che, dopo lenciclica Pascendi dell8
settembre 1907, si sarebbe via via intensificata perdurando per molti
anni ancora). Cifre, queste, di un certo rilievo per una rivista dei primi
anni del 900.
«Il Rinnovamento» nasce su iniziativa di un gruppo di giovani
intellettuali cattolici, per la maggior parte esponenti dellaristocrazia
e della borghesia colta milanese, che gravitavano intorno alla centrale
parrocchia di SantAlessandro, nella quale fu prevosto fino al 1907
padre Piero Gazzola.
Sebbene di ascendenze altolocate i promotori delle rivista - pur riconnettendosi
fisiologicamente, per così dire, ad alcune istanze del cattolicesimo
liberale della seconda metà dellottocento (per ascendenze
familiari e legami personali di amicizia, come quelle di Gallarati Scotti
con Fogazzaro e di Jacini con il card. Bonomelli) - assunsero delle posizioni
(rispetto, ad esempio, a due questioni di rilievo nel dibattito politico
dellepoca: la politica ecclesiastica e linsegnamento della
religione nei diversi ordini di scuola) che obiettivamente si collocarono
in una direzione opposta a quella della classe di appartenenza, la quale
vedeva di buon occhio un riavvicinamento tra lo Stato e la Chiesa su basi
conservatrici e in funzione antisocialista (cfr. la prefazione alla terza
edizione di P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico
in Italia).
Furono da subito direttori della rivista Antonio Aiace Alfieri (1880-1962),
Alessandro Casati (1881-1955) e Tommaso Gallarati Scotti (1878-1966),
questultimo soltanto fino alle sue dimissioni del dicembre 1907.
Tra i primi redattori che operarono organicamente con una certa continuità,
con fasi alterne e dopo la scomunica, pressoché tutti, avvalendosi
di sigle o pseudonimi, vi furono Uberto Pestalozza, Stefano Jacini, Antonio
Meli Lupi di Soragna, Giovanni Boine, Giuseppe Gallavresi, Pietro De Francisci,
con compiti diversi, ma talvolta intercambiabili - lo studio del sincretismo
religioso greco-orientale (Pestalozza), la storia dellebraismo e
del primo cristianesimo (Soragna e Jacini), le problematiche del cattolicesimo
in Germania (Jacini), il confronto con la filosofia crociana (Casati),
le contaminazioni tra psicologia e mistica, poetica e mistica, politica
e religione (Casati, Boine, Gallarati Scotti), etc.. Molti sono stati,
inoltre, i collaboratori saltuari di diversa estrazione (anchessi
spesso servendosi di pseudonimi) nei tre anni di vita della rivista, ma
anche quelli assidui, come Giovanni Amendola nellultimo periodo.
Rivista laica di ispirazione cristiana che escludeva, però, qualsiasi
«apriorismo confessionale»: lunica apologia concepibile,
nel loro tempo, era «la ricerca stessa», fondamentale strumento
per tentare di riconciliare, incessantemente, le idee e i fatti, il mondo
della libertà e quello della necessità, la storia e la natura.
«Il Rinnovamento», in quel periodo di inizio secolo, si rivelò
così un catalizzatore non secondario di quelle istanze alternative,
oltre che al positivismo, anche alla neoscolastica ed al neoidealismo
immanentistico.
Istanze che avrebbero potuto avere miglior fortuna se non fosse intervenuta
pesantemente la repressione antimodernista, che ostacolò sistematicamente
la continuazione di quegli studi sulla religione che spariranno da altre
riviste che pure accolsero (o furono promosse da) profughi
del «Rinnovamento» (cfr. M. Ranchetti, Cultura e riforma
religiosa nella storia del modernismo), con leccezione, forse,
e per un breve periodo, della Voce di Prezzolini.
Invano, infatti, i rinnovamentisti si sforzarono di conservare e far intendere
la peculiarità delle loro posizioni moderniste (termine
questo usato a partire dal 1904, nella Civiltà Cattolica,
nellaccezione poi divenuta canonica con lenciclica Pascendi,
per definire il movimento riformatore nel suo insieme, ma che essi ritenevano
estrinseco alle loro posizioni: non modernisti, semmai moderni).
La loro rivista fu percepita come la punta di diamante di
tutto il movimento riformatore e, in quanto tale, presa di mira non solo
dagli intransigenti della curia romana, ma anche da quegli intellettuali
laici (da un liberal-radicale come Andrea Torre ai neoidealisti Croce
e Gentile) che contrastarono, non compresero, o non vollero comprendere
il loro percorso intellettuale e morale.
Dopo un primo richiamo ai direttori da parte della Congregazione dellIndice
del 29 aprile 1907 vi fu il decreto Lamentabili del 4 luglio (nel
quale venivano condannate 65 proposizioni di Loisy e di altri modernisti),
poi lenciclica Pascendi dominici gregis dellotto settembre
e, infine, la scomunica «maggiore» per direttori e collaboratori
del 23 dicembre 1907.
La crisi definitiva si sarebbe, però, consumata, in modo anche
inaspettato, sul finire del 1909 quando, nonostante i reiterati appelli
a continuare e le offerte di aiuti economici anche da parte di alcuni
padri spirituali della rivista (Semeria, von Hügel ecc.), Casati
decise improvvisamente di interromperne la pubblicazione.
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