LE RAGIONI NARRATIVE |
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1960-1961
La rivista bimestrale «Le ragioni narrative» appare a Napoli nel 1960 grazie alla collaborazione tra Domenico Rea, Mario Pomilio, Michele Prisco - che assunse il ruolo di direttore responsabile -, Luigi Compagnone, Luigi Incoronato e Gian Franco Vené. Complessivamente si articola in 8 fascicoli (di cui uno doppio), di formato 13,5 x 22,5 cm, oscillanti tra le 150 e le 190 pagine, sino a raggiungere le 276 col numero doppio dellaprile-giugno 1961 che conclude lattività della rivista. Per i primi cinque numeri il colore della copertina è giallo intenso, dal numero 7 passerà ad un verde acceso. In tutti i fascicoli il titolo della testata è inserito in un riquadro bianco posto sulla copertina in alto a sinistra; in fondo compare il simbolo della casa editrice Pironti, affiancato dallelenco dei collaboratori del periodico. «Le ragioni narrative» viene stampata a Napoli nello stabilimento grafico «R. Pironti e Figli» in via Mezzocannone 75, dove si trovano anche la redazione e lamministrazione. Un fascicolo costa £ 500 in Italia e £ 700 allestero; labbonamento annuo ammonta a £ 2.600 in Italia e £ 3.500 allestero.
La finalità principale della rivista è una profonda analisi
e critica della letteratura italiana e straniera del Novecento; nello
stesso tempo desidera portare a conoscenza unintera generazione
di narratori meridionali. Gli obiettivi dei fondatori sono ben chiari:
creare una rivista che possa innalzare lalto valore morale e sociale
della narrativa, in un momento storico altamente complesso, dove la letteratura
italiana e straniera stanno diventando sempre più artificiali e
sperimentali. Di particolare rilievo sono gli interventi di Gian Franco Vené
sul primo fascicolo (Lequivoco dei contenuti esemplari nella
nuova letteratura) e di Giovan Battista Angioletti nel n.8/9 (La
crisi della letteratura in Europa) dove viene messa in luce una letteratura
europea troppo soggettiva e personale, che più del dovuto si avvicina
al gusto americano, perdendo così le proprie peculiarità:
«la crisi della letteratura in Europa è nata da un eccesso
di intellettualismo, accompagnato da un ritorno artificioso alla tradizione;
si è aggravata con lintrusione della politica nel suo stesso
dominio e con il distacco scientifico dello scrittore dal proprio oggetto;
e infine permane nellindecisione o nello sperimentalismo dei più
giovani».
Il fascicolo n. 6 del novembre 1960 è destinato unicamente alla celebrazione dellanniversario dei centanni dellUnità dItalia. In questo numero i redattori si interrogano sui mutamenti subìti dalla letteratura in conseguenza del compiersi del Risorgimento e cercano di coglierne i riflessi nellopera di scrittori come Giovanni Verga o Federico De Roberto. Si chiedono inoltre se la raggiunta unità politica degli italiani sia riuscita a conferire un carattere popolare ad una narrativa e ad una poesia quali le nostre, «tradizionalmente staccate dal popolo».
Le firme della rivista sono prestigiose e il gruppo redazionale, caratterizzato «dallunione di temperamenti di formazione diversa, ciascuno dei quali conserva la finale responsabilità dei propri scritti», cerca di superare le chiusure ideologiche, nel tentativo di impostare il dialogo al di là di ogni orientamento precostituito od enunciazione di poetica. Tra i numerosi collaboratori ricordiamo, accanto ai già citati fondatori del periodico, Bruno Maier, Francesco Flora, Leone Pacini Savoj, Carlo Salinari, Leonardo Sciascia, Giovanni Titta Rosa, Diego Valeri. Da segnalare, infine, la presenza due racconti inediti di Corrado Alvaro e Federigo Tozzi.
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