QUARTIERE LATINO


1913 -1914



Scheda, indici e immagini a cura di FRANCESCA ROCCHETTI

In collabroazione con il MART, Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto


Rivista fiorentina costituita da sette fascicoli, tutti di otto pagine in formato 22x32 cm, stampati presso la tipografia Vallecchi e usciti, due volte al mese, dal 24 ottobre 1913 al 28 febbraio 1914.
Il fondatore e il direttore fu il libraio e scrittore fiorentino Ugo Tommei, affiancato da Guido Pogni in qualità di gerente responsabile. La direzione era in via S. Antonino 5 a Firenze, il costo di ogni copia era di 10 centesimi.
Alla redazione di "Quartiere latino" collaborarono molti giovani autori, tra cui il siciliano Enrico Cardile, il pugliese Arcangelo Distaso, l'abruzzese Giovanni Titta Rosa, il ligure Camillo Sbarbaro, il romagnolo Corrado Govoni, i triestini Giani Stuparich e Augusto Hermet.

Il nome dato al foglio avrebbe potuto far pensare all'omonima zona di Parigi e quindi ad una koiné culturale di carattere cosmopolita. Invece, il programma e la materia ospitata sul periodico si discostano da questa visione e si orientano spesso verso un nazionalismo risentito e xenofobo.
Come evidenzia Ugo Piscopo nella post-fazione alla ristampa anastatica della rivista, "il nome di "Quartiere Latino" si riagganciava alle esperienze dei cenacoli dell'omonimo quartiere parigino, dove, a fine Ottocento, era circolata aria frizzante di etimo antiparlamentaristico, antidemocratico, antipopulistico, antiriformistico, antilaicistico".
Dall'articolo programmatico apparso sul numero d'inizio, si comprende che l'intitolazione della rivista di Tommei e dei suoi amici è un tributo alla latinità, intesa soprattutto come vigore, buona salute, certezza delle proprie origini.

Punto di riferimento per tutto il gruppo che ruota attorno a "Quartiere latino" è indubbiamente Gian Pietro Lucini, precursore e insieme superatore dell'avanguardia, iniziatore e distruttore di mode. Di Lucini si esaltano il suo anarchismo, la trasgressività, la funzione civile da lui assegnata alla poesia, il valore attribuito all'arte. Nello stesso tempo, si apprezzano le sue audaci e rivoluzionarie sperimentazioni del verso libero, le originali interpretazioni delle tendenze simboliste, il suo gusto dissacratorio nei confronti dei valori e delle credenze ufficiali, la consapevolezza della crisi delle ideologie.
Grande fascino esercita anche Corrado Govoni, scelto come altro nume tutelare della rivista per la sua genuinità, duttilità intellettuale, la sua libertà assoluta da ogni condizionamento pur rispettando sempre i valori letterari.
I giovani scrittori riuniti attorno a Tommei desiderano riportare la parola scritta alle sue funzioni peculiari, liberandola da contaminazioni e riconducendola al suo rigore tipografico. Da questo punto di vista è significativo il fatto che la rivista non conceda spazio alla grafica, alle illustrazioni, alle riproduzioni, diversamente da altri fogli contemporanei proiettati verso la modernità. Eccezione a questa "regola" fu fatta soltanto negli ultimi due numeri, in cui l'intitolazione acquistò più spazio e i caratteri si fecero più flessuosi.

L'idea complessiva che accomuna tutti i collaboratori di "Quartiere latino" è quella di accogliere le sollecitazioni allo svecchiamento del futurismo, ma senza sbilanciarsi troppo in avanti e prendendo le distanze dalle posizioni più estreme. La rivista vuole essere moderna nell'attualità dei linguaggi e delle analisi, "fondandosi sulla concretezza e sulla specificità delle situazioni culturali e storiche presenti, ma non staticamente ferme".
Quest'idea, però, nella Firenze di quegli anni, deve necessariamente fare i conti col papinianesimo, che esercita un'intransigente egemonia in materia di modernità. E infatti, per non restare tagliati fuori, Tommei, Distaso, Titta Rosa si arruolano come lacerbiani e futuristi, abbandonando tutte le riserve e le ambiguità e sospendendo le pubblicazioni di "Quartiere latino" col n. 8 del 28 febbraio 1914, ma garantendo in cambio agli abbonati la possibilità di ricevere i fascicoli di "Lacerba".
Nel maggio dello stesso anno Tommei, che nei primi numeri della sua rivista non aveva risparmiato frecciate avvelenate nei confronti del futurismo, dichiarerà sul foglio di Papini la sua esplicita professione di fede: "E' dovere, per chi accetta il proprio tempo e ne sente la bellezza, di unirsi a difendere chi codesta bellezza cerca di concretare. Per questo e non per altro oggi, caro Papini, io ò la soddisfazione di dirmi e sentirmi completamente futurista".

Scheda catalografica in ACNP