POESIA


1905-1909



Scheda, indici e immagini a cura di FRANCESCA ROCCHETTI

In collaborazione con il MART, Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto

La rassegna internazionale «Poesia» prese l’avvio a Milano nel febbraio 1905, uscì a frequenza mensile, e inizialmente fu diretta dal critico d’arte, letterato e drammaturgo Sem Benelli, dal poeta Vitaliano Ponti e da Filippo Tommaso Marinetti. La direzione collegiale durò soltanto un anno; nel n.3/4/5 di aprile/maggio/giugno 1906 si legge infatti: «Sem Benelli e Vitaliano Ponti non fanno più parte della direzione di “Poesia”, pur rimanendo fra i nostri migliori collaboratori e amici». Marinetti dunque divenne direttore unico e vero animatore e finanziatore della rivista.

«Poesia» usciva il 20 di ogni mese, con pagine di carta tirata a mano, un formato rettangolare ad album, ed un’elegante copertina policroma – il disegno che raffigurava la vittoria allegorica della poesia sull’idra marina sarà regolarmente riprodotto da un fascicolo all’altro con l’unico cambiamento del colore – disegnata da Alberto Martini, uno degli artisti più sensibili agli aspetti “notturni” dell’esistenza.
La redazione era ospitata presso l’abitazione di Marinetti, in via Senato 2 a Milano. I primi tre numeri si stamparono a Parma, i successivi a Bovisio e a Milano. L’abbonamento annuo costava 10 lire in Italia e 15 all’estero; i singoli numeri invece costavano una lira in Italia e una lira e cinquanta all’estero. I complessivi 31 fascicoli vennero diffusi senza badare a spese e poterono contare su una struttura assai bene articolata di distribuzione, attiva sia in Italia che all’estero. I messaggi di ringraziamento inviati dal gran numero di intellettuali che avevano ricevuto il fascicolo in dono furono quasi sempre raccolti in una apposita rubrica.

In quarta pagina di copertina del primo numero del 1909 la rivista è definita «Organe de Futurisme». La scritta Il Futurismo figura sulla copertina degli ultimi due numeri.

Caratteristica tipica di «Poesia» furono le inchieste, promosse dal direttore, che divennero il veicolo di diffusione sia di questioni culturali serie e impegnate, come il verso libero, sia di una visione più mondana e salottiera della cultura, lanciando ad esempio l’inchiesta sulla bellezza della donna italiana. Lo scopo delle inchieste fu sempre quello di richiamare l’attenzione degli intellettuali stranieri sulla rivista e sui suoi animatori. L’altra struttura portante del sistema comunicativo della rivista era il concorso a premi. A tal proposito, alla fine del 1905, fu bandito il concorso per un saggio critico sulla poesia di Pascoli, con l’obiettivo dichiarato di «proclamare degnamente fra gli stranieri il genio del grande poeta nostro». Fu vinto, ex aequo, da E. Zanette e A. Monti.

Comune denominatore di ogni numero furono i cosiddetti “medaglioni”, ossia omaggi poetici e grafici dedicati agli autori prediletti da Marinetti. Enrico Sacchetti, Ugo Valeri o Giuseppe Grandi eseguirono i ritratti a china dei poeti ospitati. Tra i medaglioni più importanti si possono ricordare quelli dedicati a Gustave Kahn - ritenuto da Marinetti l’ideatore del verso libero e uno dei più assidui collaboratori della rassegna – e agli altri poeti versoliberisti Francis Vielé-Griffin, Stuart Mellin, Henri de Régnier, Francis Jammes, Paul Fort.
«Poesia» pubblicò anche gli interventi dei poeti dell’Abbaye (J. Romanins, C. Vildrac, A. Mercereau, G. Duhamel), dei “fantaisistes”, come F. Carco, dei neosimbolisti, dei parnassiani, dei rappresentati dell’Ecole Romaine, del “Naturismo” e dell’“Umanisme”, uno dei tanti movimenti nati nel clima della Belle époque.
La presenza più significativa fu però indubbiamente quella di Alfred Jarry, patafisico, il «genio letterario dei bassifondi», come lo chiamava Marinetti.

Se la poesia in lingua francese occupò un grande spazio sul periodico, non mise tuttavia in ombra l’altra produzione lirica mondiale. Sulle pagine di «Poesia» si possono leggere infatti poeti inglesi e irlandesi (da J. Keats a W.B. Yeats), poeti spagnoli, portoghesi, latino-americani, ma anche ungheresi, croati, greci, turchi, russi. Non mancarono traduzioni dei canti popolari delle più svariate parti del mondo, dalle canzoni delle tribù nordamericane a quelle dei gruppi originari della Siberia.

Per quanto riguarda lo scenario italiano, si esalta Pascoli per la modernità della sua posizione, per la sua ricerca collocata sul versante dell’innovazione e della sperimentazione linguistica. Nello stesso tempo, si incoraggia il carduccianesimo come esempio d’irriducibile laicità e intransigenza intellettuale e morale (il primo numero della rivista reca il seguente messaggio: «A Giosuè Carducci “Poesia” è dedicata»).
D’altra parte, Gabriele D’Annunzio costituirà il campione per antonomasia di negatività, essendo considerato un grande seduttore di folle, un abile manipolatore di miti antichi e moderni. Stessa cosa valse per Fogazzaro, definito «il poeta degli imbecilli».
La poesia in vernacolo era presente con i versi dei milanesi Gaetano Crespi, Giovanni Porro Schiaffinati, Antonio Curti, con i sonetti mantovani di Adone Nosari e i versi romaneschi di Trilussa, e con i napoletani Roberto Bracco e Antonino Alone.

Nutrita era infine la schiera della poesia femminile: Ada Negri, Térèsah, la Guglielminetti, Clarice Tartufari, Vittoria Aganoor Pompilj, Lisa Spada (segretaria di redazione di «Poesia»), e Adelaide Bernardini, moglie del Capuana.
I collaboratori italiani erano davvero molti: Arturo Collutti, il direttore del «Marzocco» Angiolo Orvieto, Enrico Corradini, fondatore de «Il Regno», Gustavo Botta, Alfredo Oriani, il direttore del «Convito» Adolfo De Bosis, Domenico Tumiati, Domenico Oliva, Ricciotto Canuto che sul «Mercure de France» informava puntualmente delle iniziative editoriali marinettiane, e ancora Giuseppe Vannicola, Ferdinando Paolieri, Antonio Beltramelli, Mario Marasso, Guido Gozzano, Silvio Benco, Guido Da Verona, Giuseppe Lipparini, Diego Valeri.

L’ultimo numero di «Poesia» fu stampato nell’ottobre 1909.
A distanza di undici anni, nell’aprile 1920, Mario Dessy rilanciò la rivista che uscì, con periodicità mensile, fino alla fine dello stesso anno, per un totale di cinque fascicoli.
Questa nuova serie fu più compatta e coerente della prima, ma indubbiamente anche meno creativa. Essa funzionò come cassa di risonanza delle iniziative di Martinetti per ridare vigore al movimento futurista nel clima tormentato del dopoguerra, per cercare nuove alleanze, per ridisegnare obiettivi e traguardi nel nuovo contesto culturale.

Scheda catalografica in ACNP