1940
Scheda e indici a cura di FRANCESCA ROCCHETTI
Il primo numero di «Incontro» vede la luce a Firenze il 10
febbraio 1940. Enrico Vallecchi figura sia come direttore responsabile
che come editore. La direzione e lamministrazione sono in via dei
Mille 72 a Firenze.
E una rivista di grande formato (cm 54x40) le cui pagine variano
tra le quattro e le sei. La periodicità quindicinale è mantenuta
fino al settimo fascicolo, pubblicato il 10 maggio 1940. I rimanenti sei
numeri usciranno a cadenza mensile, fino al tredicesimo fascicolo (datato
dicembre 1940) che segna la fine dellavventura di questo periodico.
Non esiste una vera e propria redazione ma, come si chiarisce in un breve
intervento apparso sul terzo numero «sarà bene ricordare
che il giornale non ha nessun redattore ma solo collaboratori invitati
ad un amichevole incontro su queste pagine».
La rivista inizia le pubblicazioni sei mesi dopo la definitiva chiusura
di «Campo di Marte», laltro quindicinale di azione
letteraria e artistica fondato da Alfonso gatto e Vasco Pratolini
divenuto organo ufficiale dell'ermetismo fiorentino, che aveva radunato,
dallagosto del 1938 allagosto del 1939, un folto gruppo di
scrittori, critici e poeti, intenzionati a condurre unazione culturale
autonoma rispetto al regime fascista, in un campo nel quale la politica
non poteva e non doveva interferire. Gli stessi collaboratori di «Campo
di Marte» (da Pratolini a Gatto, a Bo, a Luzi a Betocchi) scriveranno
sulle pagine di «Incontro», mantenendo la stessa autonomia
e la stessa autorevolezza.
Larticolo di apertura (Posizione), come quasi sempre accade,
cerca di delineare gli orientamenti generali della rivista. Esso è
incentrato sulla delicata situazione politica del periodo e, al tempo
stesso, cerca di spiegare le ragioni del titolo dato al periodico e dimostrare
quanto la cultura sia ritenuta importante dai collaboratori della testata:
«Non sapremmo allestire un giornale senza una nozione dellidea
di cultura. Cultura è per noi umanità e dunque politica,
arte, ricerca e dottrina [
]. Un giornale è, quando vale qualcosa,
un incontro di diversi: se occorre, di contrari».
Altre dichiarazioni di poetica, riconoscibili dalla scritta
in neretto e quasi sempre dallassenza di una firma, sono rintracciabili
nel primo numero, così come nei successivi. Ad esempio, nel fascicolo
di maggio, Piero Santi dichiara: «Incontro non significa
e mai dovrà significare accozzo di nomi sulle colonne di uno stesso
giornale, senza che una ragione più interna lo muova, ma uno scambio,
una corrente di idee dalla quale sia possibile il sorgere di un equilibrio.
Il nostro giornale non vuole negare gli inevitabili contrasti; vuol soltanto
costruire il mezzo di un dialogo, vuol porsi con funzioni di equilibratore,
non di ammorzatore di ogni tendenza [
]. Anche se è desiderio
del giornale offrire un riassunto di ciò che in Italia è
stato fatto, letterariamente, in questi ultimi anni, comporre una vera
antologia di valori, ciò non sarà possibile,
se osserviamo bene, quando nelle colonne non scorra una vivida vena di
novità».
Il genere letterario preferito dal quindicinale sembra essere il racconto,
essendo il più adatto a esprimere i sentimenti umani e a testimoniare
unepoca. «Incontro» desidera così offrire ai
lettori un «bel racconto» ad ogni numero ed è convinto
che «in Italia si debba favorire la costituzione di un corpo
narrativo quale fu nei secoli di nostra maggiore gloria. Questo
non vuol essere uno dei soliti inviti al racconto o al romanzo, con richiami
più o meno larvati ad un realismo, ad una attualità. Sappiamo
pure noi, benissimo, che contano pure i sogni, i ricordi, le favole, e,
maggiormente la fantasia. Questo vorrebbe essere soltanto la prova della
importanza che diamo a tale genere letterario, un atto di fede che ci
raccomandi in modo particolare ai giovani che su tale via si incamminano».
E infatti Arrigo Benedetti, Ferruccio Ulivi, Manlio Cancogni figurano
come narratori alle prime, positive prove. Antonio Delfini invece pubblica
il racconto che darà il titolo, nel 1957, al romanzo La Rosina
perduta; mentre Nicola Lisi offre unanticipazione del Diario
di un parroco di campagna.
Anche la poesia trova spazio sulle colonne della rivista e si possono
leggere liriche di Mario Luzi, Carlo Betocchi, Margherita Guidacci, Ugo
Fasolo cui si aggiunge il pittore Filippo De Pisis che firma le poesie
Il bracco, Operai, Finestra illuminata e Morire.
Accanto a racconti e liriche vengono pubblicati saggi di grande rilievo
su opere e autori italiani e stranieri. Dino Garrone interviene con un
articolo sul maestro del verismo, dal titolo Verga autoctono e Verga
letterato europeo; Carlo Bo scrive in merito allopera di Sinisgalli
e allesperienza poetica di Rafael Alberti; Nino Badano è
lautore di un lungo articolo su Falqui e la letteratura contemporanea;
Luigi Berti affronta Emily Dickinson; mentre un importante e sottile studio
su Tozzi è quello di Alceste Nomellini.
Non mancano le recensioni dei più rilevanti romanzi pubblicati
in quegli anni, raccolte nella rubrica fissa Presentazioni, firmate
da Luigi Fallacara, Vasco Pratolini, Berto Ricci, Sebastiano Timpanaro,
Giancarlo Vigorelli e altri. Nei primi tre numeri Franco Tosi si occupa
di recensire, allinterno della stessa sezione, film stranieri come
Alba tragica di Marcel Carné, Ragazze in pericolo
di Pabst, I prigionieri del sogno di Duvivier.
Il terzo numero (10 marzo 1940) ospita la traduzione, effettuata da Luigi
Berti, di unopera in terza rima di Archibald Mac Leish (Prefazione
di Bernal Diaz al suo libro), uno dei principali poeti americani del
tempo, soldato sul fronte francese nella prima guerra mondiale e in seguito
redattore della ricchissima rivista «Fortune». Come precisa
Berti nella nota introduttiva «nelle insormontabili difficoltà
della versione abbiamo cercato di cogliere, meglio che ci è stato
possibile, le immagini, lo stile, i toni, i colori e, per così
dire, i valori datmosfera, mantenendoci fedeli al testo americano».
E sarà sempre Berti, nel quinto fascicolo, ad avventurasi, per
la prima volta in Italia, nelle «logoranti asperità»
del Gerontion di T.S. Eliot. Il Gerontion è unopera
notoriamente importante poiché è il frutto primo e complesso
della famosa teoria eliotiana del correlativo oggettivo, è quella
che esprime «la reversibilità del trapasso dalla sensazione
in parole, attraverso una catena di sottigliezze psicologiche».
Altri autori tradotti sono Hugo von Hofmannstal, di cui si occupa Leone
Traverso; la poetessa americana Edna St. Vincent Millay, della quale Sergio
Baldi ci offre la versione italiana della lirica Aprile del nord.
Le Fifty suggestions, scritte da E.A. Poe nel 1845, occupano lottavo
e il decimo numero e sono ad opera di Berti. Piero Jahier infine, nel
penultimo fascicolo, traduce dal cinese un brano tratto da Il mio paese
e il mio popolo di Lin Yutang.
«Incontro», nel corso del suo cammino, vede esplodere la seconda
guerra mondiale. E infatti, il numero 8, datato 20 giugno 1940, riporta
in prima pagina, in neretto, la seguente dichiarazione: «Allannuncio
dellentrata in guerra dellItalia, già da tempo atteso,
abbiamo sentito che la storia prendeva con violenza il sopravvento e abbiamo
sperimentato dentro di noi il valore di parole, fatti, di cui altre volte
rimaneva solo uneco pallida. La nostra forza di uomini si è
rivelata con una durezza che forse non speravamo nel pomeriggio del 10
giugno, quando ci giunsero le parole della storia. Da allora, ci siamo
fatti ancor più silenziosi, più chiusi. In questo momento
vivrà il valore dei gesti, la forza dellazione».
I collaboratori di «Incontro», nonostante la tragica situazione
del momento, continueranno per altri 5 numeri a riempire le colonne del
periodico con i loro saggi, le loro riflessioni, le poesie, i racconti,
arricchendo continuamente le pagine, così come avevano fatto fin
dallinizio, con disegni di Mario Marcucci, Mino Maccari, Giacomo
Manzù, Nicola Galante, Aligi Sassu, Adriana Pincherle, Filippo
De Pisis, Mario Mafai, e dipinti di Giorgio Moranti, Ottone Rosai, Carlo
Carrà, Guido Peyron.
«Incontro» chiuderà i battenti nel dicembre 1940, dopo
13 numeri, dimostrando come poeti, scrittori e studiosi, pur operando
in uno dei momenti più difficili e infausti della nostra storia,
seppero mantenersi al di sopra delle parti e contribuire, con passione
e scrupolo, allarricchimento culturale dei lettori.
Scheda
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