1919
Scheda, indici e immagini a cura di FRANCESCA ROCCHETTI
In collaborazione con il MART,
Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto
Rivista mensile pubblicata a Roma nel 1919.
Sulla copertina del primo numero, uscito nel febbraio 1919, compare il
sottotitolo "Rivista futurista". La sede della direzione è
inizialmente in via Conte Verde 15, a Roma; l'amministrazione invece risulta
presso l'Impresa Editoriale Ugoletti in via Condotti 21, dove, dal maggio
1919, sarà situata anche la direzione. A partire dal sesto numero
direzione e amministrazione saranno trasferite entrambe in via Venezia
18. Complessivamente escono sette numeri, l'ultimo dei quali riporta la
data settembre/ottobre 1919; il sesto e il settimo fascicolo sono doppi.
Ogni numero è costituito da una trentina di pagine di 25 cm ed
ha un costo di 50 centesimi.
La direzione del periodico è affidata ad Emilio Settimelli, Mario
Carli e Remo Chiti. Dal numero 4 del maggio 1919 essi saranno sostituiti
da Filippo Tommaso Marinetti.
La maggior parte dei collaboratori (Bruno Corra, Mario Dessy, Volt, Crescenzo
Fornari, Enrico Rocca, Pietro Pupino Carbonelli, Giuseppe Bottai, Paolo
Buzzi, Luciano Folgore, Francesco Cangiullo, Fulvia Giuliani, Mina Della
Pergola, Dinamo Correnti, Jamar 14) proviene dal gruppo di "Roma
futurista", il "giornale del Partito politico futurista"
(divenuto poi "settimanale del Movimento futurista) nato nel settembre
del 1918, prima della fine della guerra, per iniziativa degli stessi Marinetti,
Carli e Settimelli, e che accompagna, non solo cronologicamente, la trasformazione
del Futurismo da movimento in partito.
Fin dall'editoriale del primo numero "Dinamo" (o "La Dinamo",
come talora si definisce la rivista) desidera sottolineare la differenza
dagli altri giornali che, pur dichiarandosi futuristi, non furono in grado
di seguire coerentemente la pratica avanguardistica. "La Dinamo sarà
l'organo intransigente del movimento futurista artistico e del partito
politico futurista". È evidente da queste prime dichiarazioni
la netta presa di posizione del periodico e il desiderio di riaffermare
prepotentemente l'esistenza di un futurismo unico, quello marinettiano.
È forte inoltre la polemica nei confronti di quegli artisti che,
pur provenendo da una militanza futurista, se ne sono poi distaccati per
andare ad ingrossare le fila dei cosiddetti "passatisti".
La posizione del gruppo di "Dinamo" è coerente con l'atteggiamento
abitualmente assunto da Marinetti e risponde all'esigenza di un richiamo
all'ordine e della ripresa dell'egemonia del movimento, in seguito allo
sfaldamento del futurismo causato dalla crisi bellica.
"Dinamo" non affronta mai apertamente le questioni politiche,
ma resta legato ad un orizzonte strettamente artistico: molti sono i testi
creativi, le parole in libertà, le sintesi teatrali. Frequentemente
le pagine del periodico ospitano illustrazioni, disegni, riproduzioni.
Largo spazio è dedicato anche a riquadri pubblicitari di mostre
o pubblicazioni futuriste (una lunga recensione è dedicata a Crepapelle
di Luciano Folgore); in particolare vengono messi in risalto i titoli
dell'editore Ugoletti che, oltre a "Dinamo" stampava anche "Roma
futurista" e "Cronache d'attualità".
L'unica rubrica presente nella rivista è denominata "Caffè-Concerto";
essa ha inizio col numero 4 e contiene cronache artistiche e teatrali.
I testi teorici costituiscono una minoranza: nel numero di maggio appare
L'arte dei rumori di Luigi Russolo, e in quello successivo troviamo
l'articolo dal titolo Architettura futurista in cui Virgilio Marchi
accosta l'architettura alla genialità, all'ispirazione. Tra i manifesti
vengono riproposti La declamazione dinamica e sinottica di Marinetti
e il Teatro futurista sintetico di Marinetti, Settimelli e Corra.
Vi sono inoltre altri interventi, meno noti ma che vale la pena segnalare.
Il primo numero ospita, ad esempio, l'ultimo scritto inedito di Umberto
Boccioni dedicato a Virgilio Funi, definito "uno dei migliori campioni
della giovane pittura italiana". Sul numero 5 troviamo invece un
curioso intervento di Marinetti (Il proletariato dei geniali) il
quale propone che in ogni città venga costruito un palazzo, denominato
"Mostra libera dell'ingegno creatore", dove possa venir valorizzata
tutta la schiera di uomini geniali, troppo spesso "derisi, svalutati,
imprigionati". Nel sesto numero Mario Carli propone un articolo in
cui manifesta tutto il suo disprezzo per gli artisti cosiddetti "puri":
gli apatici, i contemplativi, gli statici, i sofistici; e sottolinea il
fatto che i futuristi non concepiscono altra opera d'arte se non quella
che "scaturisce fulmineamente dall'urto brutale con la vita".
"Dinamo", pur volendo riportare nell'alveo del futurismo i vari
sperimentalismi, non giunge quasi mai a scontri aperti. Tuttavia, un accenno
di polemica è rintracciabile nell'articolo di Gino Soggetti (n.3,
aprile 1919), il quale si schiera contro le neo-nata "Ronda",
definendola "un'infelice creatura di cervelli pecorili non più
giovani, uno scatto a vuoto nel campo dell'arte moderna". Violento
e privo di mediazioni è invece l'attacco nei confronti del dadaismo:
nella rubrica "Caffè-Concerto" del sesto fascicolo il
movimento artistico fondato da Tristan Tzara è paragonato a "roba
di seconda mano", "una specie di infantilismo e di balbettamento,
che puzza alquanto di tedescheria".
La rivista sospenderà le pubblicazioni prima delle elezioni e verrà
sostituita dalla serie artistica di "Roma futurista".
Pur essendo di durata limitata, "Dinamo" rappresenta un'esperienza
interessante poiché contribuisce a mostrare con chiarezza i fili
che componevano la variegata trama dello sperimentalismo nella Roma tra
la prima guerra mondiale e la fine degli anni Venti. Essa mette in luce
il groviglio di inquietudini e di nuove ricerche che ha attraversato il
Futurismo nel dopoguerra, e rende evidenti le soluzioni e gli atteggiamenti
adottati dal gruppo per tentare di risolvere i problemi dell'avanguardia
marinettiana.
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