ARGOMENTI


1941-1943



Ringraziamo la Professoressa Saveria Chemotti, docente di Letteratura moderna e contemporanea all'Università degli Studi di Padova, per aver agevolato la riproduzione del n. 10 di «Argomenti», rimasto a livello di bozza e da lei curato per l'Editore Forni di Bologna

Scheda, Indici e immagini a cura di BARBARA LACONI

«Argomenti» (che sulla copertina riporta le parole di Temistocle: «Batti, ma ascolta»), rivista di letteratura intesa come «autocoscienza di una civiltà» (R. Ramat), nasce dalla disgregazione del gruppo solariano, di cui condivide in parte l’impostazione. Fondata da Raffaello Ramat e Alberto Carocci (già direttore di «Solaria»), viene ideata nel periodo tra il 1935 e il 1939 e vede la luce nel marzo del 1941, a Firenze, presso la tipografia Fratelli Parenti. Le pubblicazioni vengono sospese dopo appena 9 fascicoli - di cui il 5/6 e il 7/8 doppi - nel novembre 1941, per decreto ministeriale.
Il Ministero della Cultura Popolare, organismo fondato nel 1937 e deputato al controllo della stampa, ritenne oltraggiose alcune allusioni contenute negli articoli della testata, nello specifico in Esistenza di Cesare Luporini.

La rivista «Argomenti », connessa ad ambienti cospirativi sebbene scarti la via della clandestinità, annovera tra i suoi collaboratori intellettuali legati agli ideali del liberalsocialismo (alcuni dei quali, come Guido Calogero, faranno parte del Partito d’Azione) e noti antifascisti, che anche dal confino continuano a collaborarvi. L’orientamento generale di dissenso, le prese di posizione più o meno riconducibili all’ideale liberalsocialista, la critica al regime fascista e i frequenti sottintesi contenuti negli articoli spingono molti autori ad utilizzare pseudonimi o sigle, come ad esempio: A. E. Faria per Mario Vinciguerra, Rinaldo Orengo per Giacomo Debenedetti, Filippo M. Paparoni per Ranuccio Bianchi Bandinelli e Alfredo Tittamanti - Lorenzo Valla per Arturo Loria.
Nell’agosto 1943, successivamente alla liberazione di Raffaello Ramat, recluso presso il carcere delle Murate, vengono ripresi i lavori per l’atteso numero 10. Come testimonia l’intenso carteggio di Alberto Carocci (riportato parzialmente nell’articolo di Giuliano Manacorda, Un intermezzo culturale nell’agosto 1943: il numero 10 di «Argomenti», apparso sulla rivista «La Rassegna della Letteratura Italiana» nel 1978), egli, sostenendo che la rivista è stata soppressa senza regolare decreto, contatta vecchi e nuovi collaboratori, inviando inviti e sollecitazioni (ad esempio a Leone Ginzburg e Umberto Morra), intenzionato a riprendere stabilmente la stampa del periodico nonostante una disposizione ministeriale vieti nuove pubblicazioni. A questo proposito, Carocci sostiene che la rivista, le cui pubblicazioni furono temporaneamente sospese, non rientra nella categoria «nuove pubblicazioni». Con il fascicolo pronto e in parte già stampato (di cui esiste un reprint, curato da Saveria Chemotti, che contiene le bozze ritrovate nell’archivio di Carocci), difficoltà di varia natura impediscono di ultimare la stampa e distribuire i fascicoli. Le difficoltà sono di carattere storico, data la precaria condizione politica italiana dopo la caduta del Fascismo, organizzativo (molti collaboratori non sono in grado di inviare i loro contributi) e familiare: Giampiero Carocci, dal quarto fascicolo segretario di redazione, viene fatto prigioniero in Germania.

Il periodico, focalizzato su temi legati alla coscienza politica e alla responsabilità degli intellettuali, è connotato da un deciso interesse storico, critico, filosofico e religioso, anche in ambito europeo, e sorge in un clima di totalitarismo politico e in un ambiente culturale dominato dalla censura fascista.
Vari sono i contributi critici come recensioni ad opere letterarie, storiche od economiche, anche inesistenti, come nel caso dell’articolo Terra e contadini di Bianchi Bandinelli, apparso sul numero 9, che recensisce il testo fittizio Teilpacht, Erbpacht und Kleinbauer di Philipp Van Koorn, esponendo le teorie del liberalsocialismo; riflessioni sulla storia politica italiana, con particolare interesse per il periodo risorgimentale, ed europea; saggi di natura filosofico-morale e, dimostrando un’ampia gamma tematica, anche un articolo di argomento scientifico. In un clima culturale tendente sia all’europeismo che alla tradizione, «Argomenti» prende parte, come altre riviste, al graduale processo di rilancio della narrativa, pubblicando a puntate il romanzo incompleto di Arturo Loria, Le memorie inutili di Alfredo Tittamanti. Sono presenti anche sporadici testi poetici, come le poesie dialettali di Giacomo Noventa, tra cui El povaro me dise, denuncia sociale della vigliaccheria di chi si nasconde dietro facili pretesti per non essere coinvolto dalla politica. La riflessione sulla condizione della cultura durante e dopo il Fascismo e sul ruolo che gli intellettuali dovrebbero ricoprire è una costante dell’intero corso editoriale di «Argomenti».
Tra gli interventi più significativi spiccano quelli legati al dibattito (presente anche su altre riviste) tra Croce ed Einaudi sulla differenza, dal primo asserita e dal secondo contestata, tra liberismo economico e liberalismo politico. Inoltre, Vita del D’Annunzio di Giacomo Debenedetti.
Fra i principali collaboratori del periodico fiorentino si segnalano: Carlo Cordiè, Eugenio Garin, Giorgio Spini, Ernesto Codigliola, Cesare Luporini, Giacomo Debenedetti, Arturo Loria, Mario Vinciguerra e Ranuccio Bianchi Bandinelli.
«Argomenti» rinascerà come «Nuovi Argomenti» nel 1945, diretta da Alberto Carocci e Alberto Moravia.

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