L'ANIMA


1911



Scheda, indici e immagini a cura di FRANCESCA ROCCHETTI

«L’Anima», con il sottotitolo “Saggi e giudizi”, fu una rivista fiorentina fondata nel 1911 da Giovanni Papini e Giovanni Amendola. Ebbe vita brevissima, sebbene feconda di iniziative e ricca di propositi: uscirono, una volta al mese, soltanto 12 numeri di 32 pagine (cm 25x18), stampati presso lo Stabilimento Tipografico Aldino, in veste tipografica piuttosto modesta. L’abbonamento annuale ammontava a 6 Lire per l’Italia e 7,50 Lire per l’estero. L’amministrazione era in Via dei Bardi 6 a Firenze; Angiolo Givannozzi figurava come gerente-responsabile.

Né Papini né Amendola si preoccuparono di usare un uguale metodo, né si prefissero un unico fine, con identico spirito d’indagine e di scoperta teorica. Entrambi tuttavia concordavano sul modo di giudicare e valutare le condizioni del pensiero italiano negli anni appunto in cui si unirono per fondare il periodico.

«Questa rivista – dichiararono nell’Avvertimento del primo fascicolo – porta nel titolo un po’ arcaico, una confessione d’inappagamento della realtà, ed un sogno di distinzione dalla società in cui viviamo. […] La vita in cui viviamo, e la vita italiana in particolare, desta in noi sentimenti e reazioni. L’Italia è ancora il paese del Caro e del Castelvetro, o meglio, dei loro pronipoti in sedicesimo. Molti lustri dovranno scorrere, prima che questa gente, la quale ha per secoli imbrattato la carta di sonetti e di canzoni, abbia perduto il gusto di teorizzare e di questionare su versi e su rime; prima che la nuvolaglia letteraria si diradi sulle nostre teste e lasci vedere nel cielo della vita oggetti più puri e più elevati a cui tendere».

I primi fascicoli furono interamente scritti dai fondatori e impostati entro una linea sostanzialmente filosofica. Come afferma Maria Bartoletti Poggi nel Dizionario critico della letteratura italiana del Novecento (a cura di Enrico Ghidetti e Giorgio Luti, Roma, Editori Riuniti, 1997) tale fisionomia non impedì in seguito l’arrivo di altri inquieti interpreti della realtà italiana alla vigilia della prima guerra mondiale: Boine, Marrucchi, Calderoni, Arangio Ruiz, G. Vailati (al quale la rivista, dopo la sua morte, dedicherà l’intero fascicolo di maggio). Tali collaboratori, di innegabile spessore intellettuale ed etico, garantirono al periodico una profonda serietà e un forte impegno culturale, non sempre riscontrabile all’interno del panorama irrequieto in cui si muovevano le altre riviste fiorentine primo-novecentesche.

Il vero spessore filosofico de «L’anima» venne dai grossi contributi firmati, ad esempio da Boine o da Marrucchi: il celebre saggio su L’esperienza religiosa di Boine occupò l’intero numero di ottobre, mentre le Meditazioni su Pascal di Marrucchi furono ospitate nel fascicolo di febbraio.
Non mancarono nella rivista pagine polemiche: basti pensare alla querelle con il professor Troilo portata avanti da Papini attraverso il feroce trafiletto dal titolo Troilate.


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