1979/80-1987
Scheda a cura di NUNZIATA SACCA'
Indici e immagini a cura di GRAZIANA PAGANO
Nella vivace temperie culturale degli anni Ottanta nasce a Roma «Prato
Pagano», da un progetto editoriale di Gabriella Sica in collaborazione
con Paolo Prestigiacomo e Michelangelo Coviello. Della rivista, diretta
da Sica e inizialmente pubblicata nell'ambito della collana Il Melograno,
da lei ideata per l'occasione, escono in tutto nove numeri, in tre serie
diverse. La prima serie comprende quattro numeri, pubblicati dal gennaio
1980 al gennaio 1982, con il sottotitolo di «Almanacco di prosa
e poesia», per le Edizioni A.BE.T.E. S.p.A., via Prenestina 685,
Roma. La seconda serie comprende anch'essa quattro numeri, editi dalla
primavera del 1985 all'inverno del 1987, con il sottotitolo mutato in
«Giornale di nuova letteratura». Muta anche l'indirizzo della
casa editrice che, per la stampa del n. 2, si trasferisce in via Tiburtina
655, sempre a Roma, e poi a Città di Castello, dove vengono stampati
tutti gli altri numeri, compreso il n. 1 di una "Nuova serie",
del dicembre 1987, con cui la rivista chiude definitivamente le sue pubblicazioni.
I numeri della prima serie hanno frequenza quasi annuale, quelli della
seconda avrebbero dovuto essere quadrimestrali. In effetti, ne escono
tre numeri nel 1985, mentre se ne pubblica uno solo doppio nel 1987. Infine,
a dicembre del 1987 appare la "Nuova serie" che, come abbiamo
detto, comprende un solo numero.
La copertina della prima serie è bianca e interamente realizzata
da Giuliano Vittori. Ha al centro un disegno, in cornice quadrata, diverso
per ogni numero, ed un logo a forma di melagrana che si ripete nelle pagine
interne. Nella seconda e terza serie, invece, la grafica è nuova
e nasce dalla collaborazione tra autori e artisti (anche in duplice veste
di scrittori/pittori, come nel caso di Beppe Salvia, Bizhan Bassiri, Beate
von Essen, Giuseppe Salvatori) durante le riunioni redazionali che si
tengono a Trastevere, in casa di Gabriella Sica. La copertina diventa
color avorio, il riquadro che campeggia al centro è più
grande e contiene il sommario, con i titoli dei contributi e i nomi degli
autori che collaborano a ciascun numero. Il disegno, che ora rappresenta
cavalieri stilizzati in battaglia, si sposta nella cornice, il cui colore
muta ad ogni numero. Il logo non è più la melagrana, ma
la sagoma di un cavaliere rinascimentale disegnata da Felice Levini, come
numerosi altri disegni che appaiono nelle pagine interne insieme con opere
grafiche di altri artisti.
I formati sono due. Uno più grande, di cm. 29x21, e uno più
piccolo, di cm 20x13, utilizzato soltanto per l'ultimo numero della prima
serie.
A Michelangelo Coviello - secondo quanto afferma Sica in una testimonianza
raccolta da Flavia Giacomozzi (Campo di Battaglia. Poeti a Roma negli
anni Ottanta, Castelvecchi, 2005, p. 24) - si deve l'idea del nome
da dare alla rivista che, come spiegato nella nota editoriale non firmata
ma attribuibile alla direttrice posta in apertura del primo numero - deriva
dal sostantivo latino pagus, villaggio, e dall'aggettivo paganus,
che indica tutto ciò che appartiene al pagus. Dunque, il
prato pagano è «il luogo che traccia i confini tra
villaggi e coloro che vi abitano si ascoltano sospesi, fermi su quella
frattura che prende forma e colore, proprio come una ferita, un taglio
rosso»(cfr. «Prato pagano», 1/1979, p. 5). Il nome allude
anche a una rivalutazione del tema classico della Natura.
Il primo numero della prima serie presenta una particolarità:
è datato 1979 all'inizio (p. 4) e gennaio 1980 in terza di copertina.
Questa duplice datazione è da attribuirsi ad un ripensamento di
Sica, che aveva ritenuto quella seconda data, aggiunta all'ultimo momento,
foriera «di un nuovo tempo» (cfr. Campo di battaglia,
cit., p. 25). Il fascicolo contiene i contributi di autori che sin dall'inizio
si segnalano come i principali animatori della rivista: Prestigiacomo
e Coviello, Claudio Damiani e Gino Scartaghiande (animatori di un'altra
pubblicazione romana allora nascente, «Braci», sospesa nel
1984), un giovanissimo Valerio Magrelli, Biancamaria Frabotta e naturalmente
Gabriella Sica, che chiude con un suo scritto ogni numero di questa serie.
Sulla terza di copertina del secondo numero, pubblicato nell'ottobre 1980,
si legge che la rivista «allarga lo spazio nuovo per le voci che
oggi scrivono» e «ritrova l'ipotesi del laboratorio di scrittura»
per «una letteratura degli anni Ottanta». Infatti, vi appaiono
ben dieci autori (contro i sette canonici degli altri numeri), tre dei
quali non scriveranno più per la rivista, ma soprattutto vi appaiono
le Lettere musive di Beppe Salvia, primo contributo del poeta,
che però aveva partecipato fin dall'inizio alle riunioni redazionali.
Il terzo numero si apre con i 14 pezzi liberi di Gaia de Beaumont,
unico testo donato dalla scrittrice romana, e contiene fra l'altro il
Bestiario di Paolo Prestigiacomo. Il quarto numero si apre con
Amore mondo di Vivian Lamarque e contiene testi di Damiani, Coviello,
Salvia, Prestigiacomo, Magrelli e Sica. Con questo numero si chiude la
prima fase della rivista.
Tra i redattori di questa prima serie, dunque, oltre a Gabriella Sica,
Michelangelo Coviello e Paolo Prestigiacomo, spiccano alcuni poeti più
assidui nella collaborazione, come Beppe Salvia, Claudio Damiani e Valerio
Magrelli, insieme con altri già attivi negli anni Settanta, come
Vivian Lamarque, Biancamaria Frabotta e Roberto Carifi. Appaiono invece
una sola volta i nomi di Gino Scartaghiande, Giuliano Corti, Francesco
Massoni, Giselda Pontesilli, Luigi Serafini, Gaia de Beaumont, Maurizio
Brusa, Silvio Giussani e Stefano Moretti.
Fin dalla citata nota di apertura del primo numero, si esprime chiaramente
la volontà di rifondare la poesia, di rinunciare ai padri più
vicini nel tempo e di ritrovare una lingua veramente espressiva, superando
l'eccesso di sperimentalismo degli anni Sessanta e Settanta, attraverso
un ritorno alla tradizione, con un "cantar novo" in una lingua
chiara, come è sempre la lingua dei classici, da Virgilio a Petrarca
fino a Pascoli, lungo un percorso che mira a una poesia di cose concrete,
che sabianamente definiremmo «onesta». Non a caso i temi prediletti
appartengono prevalentemente alla vita quotidiana. Si avverte il bisogno
di riconciliare la lingua con le cose, di restituire spazio lirico alla
natura, di riscoprire il ritmo delle parole e di allontanarsi da un'idea
elitaria di letteratura.
L'avvio della seconda serie di «Prato Pagano» è della
primavera del 1985 e viene celebrato a giugno con una festa all'orto botanico
di Trastevere, in un luogo cioè che rappresenta la forza della
natura nel pagus ed è perciò particolarmente caro
ai redattori, che in questa seconda serie sono molto più numerosi.
La rivista, infatti, si riorganizza e si precisa la poetica già
espressa nella prima serie, mentre si accentua la dimensione etica dell'espressione
artistica. Viene anche costituita una vera redazione, di cui fanno parte,
insieme con Sica e Damiani, autori nuovi per la rivista, come Arnaldo
Colasanti, Giacomo F. Rech e Marco Lodoli; mentre Beppe Salvia, che partecipa
attivamente alle riunioni redazionali per l'avvio della nuova serie, muore
il 6 aprile 1985. Gli scrittori sono comunque in buona parte gli stessi
che avevano già lavorato alla prima serie. Fin dal primo numero
tornano, infatti, i nomi di Prestigiacomo, Damiani, Sica e Salvia, Coviello,
Giselda Pontesilli, Valerio Magrelli e poi Pietro Tripodo e Gino Scartaghiande,
insieme con altri autori provenienti dalla rivista «Braci»
(che ha concluso le sue pubblicazioni nel marzo del 1984) come Colasanti
e Lodoli, Giuseppe Salvatori, Giuliano Goroni, Paolo Del Colle, Edoardo
Albinati, Marco Papa, Marco Mancini, Stefano Fanfoni. Appaiono anche altre
voci, come quelle di Luca Archibugi, Roberto Varese, Silvia Bre, Francesco
Pio Grazioli, Stefano Giovanardi, Massimiliano Mancini, Bizhan Bassiri,
Carmela Cossa, Beate von Essen, Gaetano Carbone, Silvia Carovana, Luciano
Allamprese. Voci nuove sono quelle di Patrizia Valduga, che pubblica La
tentazione, e del diciottenne Paolo Febbraro, che pubblica La nuova
stella, sua poesia d'esordio, entrambi sul n. 1. Mentre sul n. 2 appare
la raccolta Le prime cose di Nadia Campana, che comprende nove
brevi poesie postume (la poetessa è, infatti, morta a Milano nel
1985). Sul n. 3 Rocco Salvia, raffinato pittore fratello di Beppe, pubblica
i due disegni di Chiaroscuro e nel n. 4/5 escono i Lavori d'autunno
di Silvio Guarnieri, uno scrittore che appartiene a ben altra generazione
e ha già scritto per «Solaria».
A partire dal primo numero vengono inserite alcune rubriche, che seguono
i testi liberi, mentre dal secondo numero in poi tutti gli articoli pubblicati
vengono organizzati in spazi tematici, non fissi: Storie naturali,
Cronaca, Belle lettere, Dizionario, Paesaggi e
Stagioni, Uomini e Donne, Cuore, Studi, In
italiano, Tombe, Commento, Per musica, Parabole,
Favole e Bambini, Viaggi, Sogni. Storie naturali
valorizza un'antica vocazione della rivista, Cuore è dedicata
a Beppe Salvia ed al suo stile poetico, In italiano accoglie solo
traduzioni, Favole e Bambini dedicano inediti spazi alla
letteratura per ragazzi, Tombe rende foscolianamente omaggio ai
sepolcri di letterati e di personaggi storici, Viaggi e Paesaggi
aprono la narrazione a personaggi e a terre straniere, come Praga, il
Brasile e l'Austria, in Letture si recensiscono testi letterari
italiani e stranieri.
La redazione progetta anche una piccola collana di poesia, i «Quaderni
di Prato Pagano», da allegare alla rivista. Ne vengono pubblicati
in tutto quattro. Il primo «Quaderno» è allegato al
n. 2, si tratta di Estate di Elisa Sansovino a cura di Beppe Salvia,
in realtà una finzione letteraria di cui è autore Salvia
stesso. È il suo primo libro di poesie che, sebbene pubblicato
postumo, rimane l'unico interamente pensato dall'autore per essere editato.
Al n. 3 viene allegato il secondo «Quaderno», dal titolo La
famosa vita di Gabriella Sica, che comprende cinquanta brevi poesie
dell'autrice, alcune già pubblicate su «Prato pagano»,
altre inedite. Al n. 1 della "Nuova serie" è allegato
il terzo «Quaderno», Fraturno di Claudio Damiani, corredato
di due disegni di Beate von Essen. Il quarto ed ultimo «Quaderno»,
Firmamento di Giacomo F. Rech, uscirà nel 1988, quando la
rivista ha già concluso le sue pubblicazioni periodiche.
In questa seconda serie s'intensifica la ricerca sul linguaggio, attingendo
più ampiamente alle diverse espressioni artistiche, dalla musica
alle arti grafiche al teatro (il n. 4/5 contiene - tra le altre cose -
i testi di Sica, Magrelli, Damiani, Archibugi e Rech messi in scena all'Accademia
di Francia a Roma, nell'ambito del Festival di Villa Medici, dal 27 luglio
al 2 agosto 1986). Il legame con la tradizione e con i classici resta
forte e viene adesso arricchito di nuova linfa tramite aperture alle letterature
straniere, dalla poesia cinese del periodo Sung ai tanka giapponesi,
da Garcilaso de la Vega a Josef Görres a Constantin Kavafis. Ciò
spiega anche il rilievo assunto da raffinati poeti-traduttori, uno tra
tutti Pietro Tripodo.
A parte l'inserimento di una nuova rubrica intitolata Preghiere,
la struttura del n. 1 della "Nuova serie" rimane fondamentalmente
la stessa della serie precedente. Vi appaiono Ironia tragica di
Sauro Albisani, poeta fiorentino allievo di Carlo Betocchi, e uno dei
primi testi di Antonella Anedda, Oltre l'acqua, di notte. Vengono
pubblicati anche contributi inediti postumi come le brevi liriche tratte
dal Quaderno di Positano di Arturo Onofri e le dieci poesie che
compongono L'anema più sita di Biagio Marin, scomparso nel
1985. Anche Valentino Zeichen, interprete di una generazione poetica diversa,
vi pubblica tre poesie, nella rubrica Uomini.
Nella rubrica Belle lettere, a p. 21, viene inserita una lettera
aperta firmata da Antonio Lapetto, sedicente insegnante torinese, amante
della letteratura contemporanea. In realtà la lettera è
il travestimento di un testo redazionale. Vi si espongono alcuni caratteri
peculiari della rivista, già presenti, peraltro, nelle due serie
precedenti, come l'astensione «dal teorizzare» e la centralità
conferita alla ricerca linguistica, alla creazione di una lingua «neomanierista»
non «assunta ironicamente, cioè in senso anacronistico [
]
ma come fondante un nuovo presente, e capace di fondare allora nuovi significati».
L'autore della lettera chiede chiarimenti e la redazione, in un breve
cappello introduttivo, promette di darne nel «prossimo numero».
Ma la promessa non sarà mantenuta e - come sappiamo - questo sarà
l'ultimo numero di «Prato pagano».
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