NOI


1917-1925



Scheda, indici e immagini a cura di FRANCESCA ROCCHETTI

In collabroazione con il MART, Museo d'arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto


Nel giugno del 1917, in piena guerra mondiale, Bino Sanminiatelli ed Enrico Prampolini fondarono a Roma la rivista «Noi». Il loro intento di europeizzare la cultura italiana è reso evidente nel sottotitolo della testata "Raccolta internazionale d'arte d'avanguardia", riportato anche nella dicitura in francese.
I primi tre numeri uscirono ad intervalli irregolari (giugno 1917, febbraio 1918, gennaio 1919) al costo di L. 0,30, redatti in via Tanaro 89 a Roma; sul fascicolo del gennaio 1919 compare come editore la Casa d'Arte Italiana.
Nel gennaio 1920 esce un quarto fascicolo di sedici pagine, in cui la redazione appare composta da Evola, Gavasci, Nicolai, Orazi e Prampolini; tale numero rimarrà tuttavia isolato poiché la pubblicazione cesserà immediatamente.
Tre anni dopo lo sfortunato tentativo di ripresa, nell'aprile del 1923, «Noi» inizia una nuova serie, che sarà soggetta, come la prima, a irregolarità di pubblicazione, nonostante l'indicazione "mensile d'arte futurista". Il direttore e organizzatore della rivista è sempre Enrico Prampolini; direzione e amministrazione sono in via Tronto 89, mentre la redazione è in via Treviso 19, sempre a Roma. L'abbonamento annuo costa 30 Lire per l'Italia (40 Lire per l'estero), l'aggiunta di 10 Lire dà il diritto alla scelta di due volumi delle Edizioni Futuriste di "Poesia".
Questa seconda e ultima serie si concluderà con il numero 10-11-12 del 1925, dedicato interamente ai pittori futuristi Balla, Depero e Prampolini.

Lo scopo del periodico, esplicitamente espresso da Prampolini, è «la fusione delle tendenze artistiche», l'applicazione all'arte della più rigorosa disciplina, la compenetrazione dell'impostazione nazionalistica con istanze europee. Fedele a questo spirito, la rivista accoglierà volentieri e con generosità "ogni serio lavoratore, anche se nuovissimo, ogni caratteristica manifestazione di gruppo, di gruppo, di tendenza, di movimento, venga essa dall'Italia o dall'estero".
«Noi» dimostrerà particolare interesse nei confronti dell'allora nascente movimento dada. Ciò si spiega sia attraverso l'adesione di Prampolini al dadaismo, sia per la ricercata (e ottenuta) collaborazione di Evola - che pubblicherà sul fascicolo del gennaio 1920 il manifesto L'Arte come libertà e come egoismo- e del suo gruppo.

La prima serie si caratterizza, rispetto alla seconda, per una maggiore presenza di testi letterari. Oltre a Sanminiatelli e all'attivissimo scrittore e critico letterario e teatrale Vittorio Orazi, vi collaborano il giovanissimo Gavasci, Moscardelli - già direttore del periodico d'avanguardia «Le Pagine»e collaboratore di «Lacerba»-, ma anche Buzzi, Meriano, Maria d'Arezzo, Titta Rosa, De Chirico, Savinio, Folgore, Carrà, Severini, Nicolai. Tra gli stranieri, i poeti francesi la fanno da padrone: Reverdy, Dermée, Pillement offrono i loro migliori contributi al periodico.

Dal punto di vista grafico, «Noi»è una rivista molto curata: sfoggio di disegno nei titoli, colore diverso per ogni fascicolo, composizione su due colonne con periodi spesso distanti e separati d asterischi, numerose tavole illustrative di Prampolini, Janco, Severini, Galante, Arp, Giobbe, Marchi, Archipenko, Gris, Giannattasio.

La rubrica intitolata Attività e passività intellettuali, curata prevalentemente da Vittorio Orazi, si sussegue in tutti i numeri, ospitando recensioni e/o stroncature di volumi pubblicati in Italia e all'estero e notiziari di esposizioni presso varie gallerie romane e, in particolare, presso la Casa d'Arte Italiana diretta dallo stesso Prampolini.

La seconda serie di «Noi», inaugurata con un articolo dal titolo I diritti artistici propugnati dai futuristi italiani - Manifesto al governo fascista, in cui si sottolinea la continuità con la tradizione nazionalistica e interventistica prebellica dei futuristi, si discosta nettamente dalla prima; è praticamente una rivista del tutto nuova, che si presenta al pubblico quale organo del movimento diretto da Marinetti.
Come sottolinea Bernardina Sani nella Nota critica posta in appendice alla ristampa anastatica della rivista (Firenze, Spes, 1974), «l'integrazione col movimento futurista porta anche ad una svolta politica che significa più che un semplice consenso al fascismo un vero e proprio tentativo di organizzazione corporativa del movimento d'avanguardia nel quadro della ricostruzione dittatoriale dello Stato».
Un cambiamento non meno profondo di quello politico e ideologico avviene in questa nuova serie della rivista, nel campo figurativo. La scelta dei materiali da riprodurre sembra inquadrabile entro i due filoni predominanti del tardo futurismo e dell'ultima fase del cubismo. Vengono riportate illustrazioni di Prampolini, Marasco, Paladini, Panneggi, Depero, Boccioni, Marchi, Balla, Sant'Elia, solo per ricordarne alcuni. Tra gli stranieri, spiccano le opere Léger, Archipenko, Ricasso, Pitoeff.

La parte letteraria risulta indubbiamente impoverita rispetto alla prima serie. Si pubblicano quasi esclusivamente lavori futuristi, con la prevalenza di Marinetti, classificabili sotto le etichette di "Parole in libertà", "Stati d'animo disegnati" e "Poesia pentagrammate". Lavori che tuttavia raramente conservano grande carica espressiva e che rappresentano spesso il volto oramai accademico dell'avanguardia futurista.

Tra gli scritti teorici inediti vale la pena ricordare il manifesto di Paladini L'estetica meccanica, presente nel secondo fascicolo del maggio 1923 e l'Atmosfera scenica futurista firmato da Prampolini (n. 6-7-8-9 del 1924); tra gli scritti saggistici degni di nota sono: Artefici futuristi di Virgilio Marchi e Il futurismo e l'arte contemporanea di Filippo De Pisis, entrambi ospitati sul n. 3-4 del 1923; Teatro e scenografia italiana di Gino Gori (n. 6-7-8-9 del 1924) e Il teatro espressionista e le sue tendenze artistiche di F. Antonio Angermayer.

Ogni fascicolo, inoltre, ospita un ricco notiziario sulle mostre e una rubrica di recensioni librarie.

In sintesi, la seconda serie di «Noi», come evidenzia anche G.B. Nazzaro nel Dizionario del futurismo (Firenze, Vallecchi, 2001), non si allontana molto dallo schema delle tante riviste futuriste contemporanee, con manifesti e proclami ripetuti più volte a scopo propagandistico.
Tuttavia, nel complesso, si può dire che la rivista di Prampolini si è rivelata lo specchio dei problemi, delle possibilità e delle contraddizioni dell'avanguardia italiana in relazione al più ampio ambito europeo. Il merito maggiore di «Noi»sta nel fatto che la crisi attraversata dall'avanguardia in Italia e in Europa, dopo la prima guerra mondiale, le aperture dadaiste, la svolta del futurismo, i rapporti con il fascismo, i problemi posti dalle arti decorative, le nuove forme di teatro russo e tedesco, anche se non sempre approfonditi, sono comunque puntualmente registrati e posti all'attenzione del lettore. E' per questo che «Noi» può essere annoverata come uno dei fogli più vivaci fra quelli editi nel periodo compreso tra la prima guerra mondiale e il primo dopoguerra.


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